Maggio 2024

PERSONE & PERSONAGGI

LA LETTERA A CUORE APERTO DELLA FAMIGLIA DI BEATRICE E LA RISPOSTA DI UNARMA

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In risposta alla recente lettera della famiglia di Beatrice Belcuore, la carabiniera originaria di Rieti che recentemente si è tolta la vita nella scuola allievi marescialli di Firenze come sindacato UNARMA restiamo esterrefatti su quanto contenuto nel documento e dopo un’attenta riflessione abbiamo deciso di renderlo pubblico.      

"Gentili Carabinieri di UNARMA,

la presente vuole essere una lettera a cuore aperto con il fine di condividere con voi le impressioni della famiglia in merito a quanto accaduto il 22 aprile c.a. all’interno delle mura della Scuola Marescialli e Brigadieri dell’Arma dei Carabinieri. La prerogativa di questa lettera, come famiglia di Beatrice e nella qualità di individui che dedicano la propria vita da decenni alle Forze Armate, non è quella cercare di individuare responsabili ai quali imputare la tragica fine di Beatrice infatti la nostra fiducia nelle Istituzioni rimane integra come sempre. Proprio per via della nostra integrità abbiamo deciso di condividere il nostro stato d’animo e le nostre preoccupazioni con voi di UNARMA, con la speranza che si possa fare seriamente luce sul fenomeno suicidario che coinvolge uomini e donne in uniforme con numeri che sono arrivati ad essere nell’ordine di uno ogni sei giorni dall’inizio del 2024.

Beatrice nei primi giorni di frequentazione della scuola aveva manifestato l’intenzione di abbandonare il percorso appena intrapreso anche se quel percorso era da sempre stato il suo sogno, questo poiché aveva percepito quello che ci riferiva essere un ambiente estremamente rigido e totalitario. Successivamente decise invece di continuare in quanto, avendo già avuto esperienza di vita militare, prima nella Marina Militare e poi nell’Arma dei Carabinieri, si era convinta che il regime di trattamento così restrittivo rientrasse nella logica di un periodo propedeutico iniziale atto a testare in prima battuta le capacità di resilienza dei futuri marescialli ma purtroppo questo non corrispondeva a realtà: le condizioni di pieno inasprimento e i ritmi di vita serrati sono continuati.

Beatrice aveva molto a cuore l’Arma ma alcune disposizioni non le erano chiare e le reputava prive di valore formativo" La famiglia riporta quindi alcuni dei messaggi che Beatrice inoltrava/inviava alla famiglia in quei pochi momenti in cui ci raccontava esserle consentito utilizzare il telefono. 

"Un altro episodio che ci ha alquanto stupito riguarda un alterco avvenuto tra il padre di Beatrice e la sua linea di comando" Agli inizi dell’ottobre 2023, Beatrice "aveva contratto il Covid e aveva sintomi febbrili e respiratori, e, si legge nella lettera, "malgrado le sue condizioni di salute fossero precarie e la malattia contagiosa tanto da chiudere in casa il mondo intero per un anno a lei veniva ordinato di recarsi nel luogo di adunata, tutte le mattine alle 6.15". Il padre, a quel punto, "contattò telefonicamente l’Ufficiale comandante di plotone di Beatrice per chiedere spiegazioni sul perché la figlia venisse obbligata a presentarsi in adunata febbricitante e al fatto che i pasti, a suo dire immangiabili, le venivano portati continuamente con grossi ritardi e in esigue quantità. Il fine della telefonata era semplicemente finalizzato a comprendere le ragioni per le quali si rendeva necessario compromettere ulteriormente la salute di sua figlia. In tutta risposta l’Ufficiale affermava con tono perentorio e arrogante che la telefonata risultava essere non gradita e che gli stava causando una perdita di tempo prezioso, inoltre affermava che i dettagli della conversazione secondo il suo punto di vista non erano del tutto esatti. Il giorno stesso il padre di Beatrice veniva contattato telefonicamente dall’Ufficiale Comandante della Compagnia, il quale gli comunicava che il Comandante di Plotone aveva redatto una relazione nella quale asseriva di essere stato importunato/aggredito durante la conversazione telefonica. L’Ufficiale in questione inoltre riferiva che in qualità di subalterno il padre non doveva permettersi di chiamare la scuola e che avrebbe dovuto rispettare la scala gerarchica. Al fine di chiudere la questione, per evitare ulteriori spiacevoli episodi a Beatrice, sovrapponendo l’amore per la figlia alla opportuna necessità di andare avanti nel contestare l’accaduto, scrisse una mail di scuse per chiudere in maniera diplomatica la questione.

Nei giorni precedenti la propria morte Beatrice manifestava molti dei sintomi attribuibili a una condizione di forte stress psicofisico, difatti riferiva alla madre che stava perdendo i capelli e che non ne poteva più di sottostare a quelle “regole” poco funzionali e che si insinuavano in ogni ambito della propria vita. Inviava spesso le foto di come era costretta a vestirsi in abiti borghesi per poter avere un paio di ore di svago concesse durante la libera uscita, del fatto che doveva necessariamente tenere i capelli raccolti, tirati al punto e che li stava perdendo anche per andare in piscina. Diceva sempre più spesso alla mamma” questa scuola mi sta rovinando la vita”.

Il giorno dell’accaduto, lo zio di Beatrice è stato il primo a giungere presso la scuola, in quanto si trovava a Livorno per motivi di servizio. Non appena entrato all’interno dell’istituto la prima impressione avuta fu quella di un ambiente antiquato sul piano della formazione e delle relazioni, impressione accresciuta anche dalla modalità attraverso cui la morte di Beatrice è stata comunicata al padre, ossia a mezzo telefono mentre si trovava in auto. Appena entrato questo è stato accolto dal Comandante della scuola che portava con sé, senza alcuna ragione, un bigliettino con scritti i dati di forza complessiva della Scuola che, durante la loro conversazione, riferiva fossero pari a molte unità. Ancora adesso, a distanza di tempo, tenta di spiegarsi il motivo di tale comunicazione.

Quando i genitori di Beatrice sono giunti alla Scuola, mentre la madre riferiva tra le lacrime al Generale Comandante che Beatrice ultimamente era molto stressata e che stava perdendo i capelli, costui, oltre a ribadire nuovamente che nella scuola c’erano più di “X” allievi, gli rispondeva che anche le altre allieve perdevano i capelli. Tali elementi ci hanno portato a farci molte domande sulle capacità comunicative e relazionali adottate all’interno dell’istituto poiché, se in un momento così tragico, il più tragico, che un familiare possa trovarsi a vivere, chi di competenza non ha la capacità di manifestare empatia nei confronti della famiglia come può farlo con i propri sottoposti? Se a una mamma che piange disperata la morte della propria unica figlia le viene risposto che anche le altre hanno le stesse difficoltà e non trova minime parole di conforto o semplicemente di sostegno, come potrà trovarle anche altrove? Quale Maresciallo vogliamo sulle strade? Tra la gente? Quale umanità stiamo coltivando? 

Il giorno della celebrazione del rito funebre, nella chiesa di Castelnuovo di Farfa, subito dopo il discorso del Generale Comandante delle Scuole, un amico di famiglia, già Carabiniere dell’Arma in quiescenza, è intervenuto precisando che nella bara c’era Beatrice, una ragazza di 25 anni e che il funerale era per onorare lei e non l’Arma, visti i discorsi dedicati allo spirito di servizio e di sacrificio pronunciati dal Generale Comandante delle Scuole. Lo stesso amico di famiglia ci ha raccontato poi di essere stato ripreso da un Ufficiale fuori dalla chiesa che davanti agli allievi lo ammoniva che, con le sue parole, aveva infangato le divise dei ragazzi lì presenti.

L'impronta che questa vicenda ha lasciato nelle nostre vite è tragica. La perdita di Beatrice per noi si è accompagnata a una presa di consapevolezza importante, quella per cui se un’istituzione dà più valore alle formalità che alla formazione e crescita personale dell’individuo conduce al fallimento. Beatrice ha fatto una scelta che nessuno potrà mai comprendere, ma la società nella quale viviamo, le istituzioni che noi serviamo con lealtà e onore, hanno il dovere di non lasciare indietro nessuno, hanno il dovere di interrogarsi continuamente sullo stato di salute mentale del proprio personale, di guardare negli occhi gli uomini e le donne in uniforme, ancor prima di guardare il grado che indossano. L’Arma dei Carabinieri ha il dovere di rivolgere tutte le proprie attenzioni sul valore, secondo noi essenziale, su cui si fonda il proprio compito istituzionale, ossia il valore dell’essere umano. La nostra tragica esperienza ci ha portato a riflettere sulla questione da una duplice prospettiva, sia da quella familiare che quella professionale all’interno delle Forze dell’Ordine.

Vogliamo manifestare la nostra totale disapprovazione nei confronti di un sistema costituito da gerarchi inseriti in un contesto che non manifesta valori umani. Episodi come quello di Beatrice, o come quello avvenuto nella stessa scuola nel 2017, devono servire da spunto per un cambiamento nelle istituzioni affinché trovino il modo di sostenere le proprie unità nei momenti di difficoltà.

Beatrice non c’è più!

Grazie dal profondo del cuore per quello che fate, siete la vera parte sana e integra dell’Arma dei Carabinieri, gli unici ad aver rivolto lo sguardo dove tutti gli altri si sono rifiutati di vedere.

La famiglia di Beatrice."

UNARMA  aggiunge "Siamo profondamente toccati dalle parole della famiglia e comprendiamo appieno le loro preoccupazioni riguardo alle circostanze che hanno portato alla tragica scomparsa di Beatrice. Condividiamo il loro desiderio di fare luce su questa situazione e di affrontare il problema dei suicidi tra i membri delle Forze Armate e di polizia con la massima serietà e impegno. Il sindacato UNARMA si impegna a collaborare attivamente con le autorità competenti e per indagare a fondo su quanto accaduto e per adottare misure efficaci volte a garantire il benessere psicologico e la salute mentale di tutti i suoi membri.

Inoltre, ci impegniamo a lavorare per migliorare il dialogo e la trasparenza tra l’Arma dei Carabinieri, i suoi membri e le loro famiglie, al fine di garantire un ambiente di lavoro più sicuro e sano per tutti".

 

Rieti, 15 Maggio 2024

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