1969, dal 13 al 18 febbraio Rieti si trasformò in un esempio per il mondo intero di come, tramite anche una delle più tradizionali istituzioni, il Carnevale appunto, si potessero esprimere idee con avvenimenti contestativi.
Il Karnhoval nacque da un’idea di Alberto Tessore, giovane scrittore che, dopo essere stato fotoreporter per dieci anni ed aver girato un po’ tutto il mondo, si era ritirato a scrivere prosa e teatro a Greccio, località in cui ha ancora fissa dimora (il racconto di quei giorni è stato pubblicato su Format del febbraio 2009)
Si avvalse di nomi che sarebbero in futuro diventati assai famosi, il poeta Emilio Villa, il tedesco Wolf Vostell, il francese Julien Blaine e l’inglese John Hopkins decisi a portare a Rieti l’arte contemporanea.
Gli effetti furono disastrosi, si arrivò persino ad un’interpellanza comunale per una mostra di oggetti ed installazioni nell’atrio del Teatro. I giornali locali, che inizialmente avevano appoggiato l’avvenimento, si scagliarono contro Loris Scopigno presidente del rimproverandolo di aver buttato al vento denaro pubblico…
Arrivarono a Rieti orde di artisti provenienti da ogni parte del mondo: inglesi, francesi, elvetici, jugoslavi, statunitensi, tedeschi, giapponesi, greci, spagnoli, olandesi, austriaci, rumeni, moltissimi gli italiani tra i quali alcuni già affermati in campo internazionale. Altri reatini affiancarono Alberto nell’iniziativa, erano Aldo Vella, Enzo Palermo (“splendido, caro, indimenticabile amico fraterno”) ed Osanna che ospiterà gli artisti in un appartamento sfitto. Vi dormiranno in una ventina, su materassi presi da un’amica che lavorava alla Viscosa, in una convivenza promiscua che all’epoca già suscitava scandalo.
Ci furono condizioni meteorologiche proibitive con neve abbondante. Il martedì si svolse la sfilata, contraddistinta dal lungo verme di 50 mt. portato da tanti ragazzini: sputava fuoco ed emetteva soldi dal sedere. Seguirono, in composta fila indiana, una decina di incappucciati, alla KKK, ma neri, i quali continuarono a deambulare per vario tempo fino al momento in cui due incappucciati, bianchi, tentarono di inserirsi. I due intrusi vennero rapidamente immobilizzati e spogliati quindi rivestiti di nero e le loro bianche vesti date alle fiamme. Il tutto nel massimo silenzio tra lo sbigottimento della gente che assisteva. Tra gli autori Elio Marchigiani che spiegò come si trattasse di un fatto contestatario: i bianchi erano i contestatori e i neri il sistema. I bianchi erano stati spogliati e rivestiti di nero, cioè reinseriti nel sistema.
In ogni parte della città accadevano altri fatti, episodi, giochi, scherzi. Nelle piazze erano state montate alcune baracche ed un enorme totem che emetteva strani suoni. Oltre a sparare uova marce sulla carta stampata, si vendeva acqua piovana, si facevano rotolare barattoli di pomodoro colorati, si tenevano danze erotiche, sotto gli occhi attenti dei giornalisti giunti da ogni parte del mondo