a cura di Rino PANETTI

Giugno 2018

MAGICAMENTE

VUOI CRESCERE? ALZA L'ASTICELLA

Innovazione

La domanda infine arrivò. Come accade ogni volta in quelle circostanze, mi sembrò che la luce nella stanza d’improvviso e solo per un attimo cambiasse di intensità.

Sapevo che mi avrebbero chiesto di far vedere qualcosa. “Prima che finiamo queste giornate un gioco ce lo devi fare” è la frase che tipicamente mi insegue negli ambienti più disparati.

Quando ero più giovane portavo sempre con me qualcosa, ovunque: un mazzo di carte, qualche pallina. Ero costantemente pronto, sempre. Almeno questo pensavo.

E così, non appena arrivava la richiesta, dopo qualche minuto di scherno eccomi tirar fuori le carte e effettuare lo strabiliante effetto magico sicuro, quello “forte”. Successo, apprezzamenti. Perché complicarsi la vita quando sai cosa funziona? Già, perché?

Da oramai una decina di anni, però, ho smesso di portare con me oggetti magici. E’ stato così anche nelle mie giornate milanesi di inizio maggio, in un team di sette persone. E ancora una volta, ecco puntuale la domanda: “Prima che finiamo queste giornate...”.

Primo elemento: quando non hai con te nulla, la prima risposta non può che essere “Dai, vediamo nei prossimi giorni, se c’è tempo magari...”.

Questa frase è perfetta perché, quando non hai voglia, ti apre le porte al facile “No”. E ammettiamolo: sarebbe una bella tentazione: nessuno stress, nessuna complicazione. Però c’è un secondo elemento

Secondo elemento: quel rinvio conseguente alla mia prima risposta mi consente in realtà di mettere in pratica un esercizio creativo fenomenale: il giorno/i successivo/i, riuscire a concepire un effetto magico semplicemente con gli oggetti che potrei comprare nel tragitto dall’albergo al luogo di lavoro o nei paraggi di questo! Non è una mia idea: un mentalista americano, Max Maven, ha chiamato un suo spettacolo “Nothing!” (ossia “Niente!”) perché costruito esattamente in quel modo.

Ora pensateci, e traiamone i conseguenti insegnamenti:

Punto 1: Quella che sembra la soluzione migliore e più sicura (avere un gioco pronto e di comprovata forza) in realtà ai miei occhi appare oramai inutile: un semplice replicare automatismi, senza nessuno spazio per la creatività. Se lo fai, in fondo è solo per sentirti dire “Bravo”. Non mi interessa, non mi aggiunge nulla.

Punto 2:La tentazione di rispondere “No” a quel punto è fortissima, considerato che non hai con te alcun oggetto utile. E questa sarebbe la seconda possibilità per avere la vita facile: zero noie, zero impegno aggiuntivo: “Mi dispiace, non ho nulla.”. C’è però un terzo punto...

Punto 3: grazie ai punti 1 e 2 sono ora nella condizione migliore per esercitare la mia creatività (seguendo la prassi descritta prima)! Questo è il mio personalissimo modo di trasformare una domanda talvolta seccante o ripetitiva in un allenamento creativo! Quel “No” diventa così un “Sì”, un “Sì” che ha queste caratteristiche: è un Sì che...

  1. A) innalza l’asticella, spinge a mettermi in gioco (non si appiattisce sull’ordinario)
  2. B) poggia su “vincoli creativi” utili a favorire il processo creativo
  3. C) non ha il fine ultimo di sentirsi dire “Bravo”, ma scoprire cose nuove, dirti “Bravo”

Se volete crescere, almeno una volta al mese trovate opportunità per mettervi in gioco con questo tipo di “” (va bene anche se fatto da soli).

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