a cura di Ileana TOZZI

Maggio 2023

STRADA FACENDO

QUELLA PASQUA DEL 1574...

città, storia, storie

di Ileana Tozzi - Lo scorrere del tempo è da sempre oggetto di meditazione e di misurazione, sospeso com’è tra la circolarità delle stagioni replicata dall’anno liturgico e l’irripetibile vettorialità della vita umana, individuale e collettiva.

Tutti sappiamo che nell’antica Grecia gli anni si calcolavano sulla base di un quadriennio, fissato dalla ricorrenza dei giochi celebrati in onore di Zeus ad Olimpia, quando la migliore gioventù delle poleis si radunava per competere lealmente nello stadion, nel diaulos, nel dolicos, diverse specialità della corsa, nella lotta, nel pentathlon.

Non ricordiamo allo stesso modo il calcolo quindicennale dell’indizione, che pure segnò il medioevo, né riflettiamo sulla varietà delle date che danno inizio ad un anno che cambia, dal cabudanni sardo, che cade il primo settembre, al 25 marzo fiorentino, passando per il 13 novembre che con San Martino segnava la fine di un contratto per i mezzadri di un tempo, con l’augurio che potesse inaugurare un nuovo anno di lavoro in qualche altro podere.

In maniera meno sistematica, ma non per questo meno significativa, la data della Pasqua 1574 fu segnata per l’adeguamento liturgico delle chiese di Rieti dal Visitatore Apostolico monsignor Pietro Camaiani vescovo di Ascoli Piceno, inviato dal papa ad ispezionare le diocesi dell’Umbria meridionale per verificare lo stato di attuazione dei decreti dettati dieci anni prima a Trento dai Padri conciliari. Il cardinale Marco Antonio Amulio, di ritorno da Trento, era stato zelante nell’apertura del Seminario Diocesano, che il 4 giugno 1564 fu il primo nell’orbe cattolico ad aprire i battenti per accogliere 27 giovani destinati al sacerdozio, grazie alla collaborazione con il Comune e all’intervento di ristrutturazione della duecentesca casa/torre che dalla metà del XIII secolo era stata la sede del Pretore, eseguito da Jacopo Barozzi da Vignola.

Per la chiesa di Sant’Antonio Abate, che pochi anni prima la Compagnia dei Numeranti aveva affidato proprio alla progettazione del Vignola, il Visitatore  prescrisse di rinnovare l’icona dell’altare maggiore, consunta per la vetustà, di bruciare le statue lignee antichissime e ormai deformi provvedendo a riporre le ceneri nel sacrario e di risarcire le sacre immagini quasi sbiadite sulle pareti avvalendosi dell’opera di un pittore prima della Pasqua di Resurrezione di Nostro Signore.

Si trattava ancora della vecchia cappella annessa all’hospitale delli furfantelli, nucleo originario del complesso ospedaliero che sarebbe rimasto in funzione fino agli anni ’70 del XX secolo.

Altre storie, altri tempi...

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