a cura di Ileana TOZZI

Giugno 2019

STRADA FACENDO

SULLE TRACCE DI SAN FRANCESCO

Vecchi e nuovi motivi d'ispirazione

storia

(di Ileana Tozzi) Dopo una primavera fredda e uggiosa, il caldo estivo ci aggredirà alle spalle. Un giorno o l’altro, usciremo al mattino intabarrati nei nostri impermeabili e soffriremo le pene dell’inferno, sorpresi dal sole che bucherà le nuvole, dissiperà la nebbia che ci ha accompagnato lungo un maggio grigio ed umido, apparentemente destinato a non finire più. Allora cercheremo tregua alla calura, a cui daranno riparo le alture verdi e vegetate che cingono la pianura come una collana smeraldina.
A pochi minuti dalla città, ci attendono accoglienti eremi e santuari, borghi medievali muniti come fortezze, boschi di lecci e querce secolari che ci offriranno tregua e conforto nell’ombra generosa del loro folto fogliame, riconciliandoci con la natura e con noi stessi. Lungo il cammino di Francesco, procedendo ad ovest alla volta di Greccio, la prima tappa è offerta dal conventino di Fonte Colombo, con la sua linda chiesa quattrocentesca, il bosco del silenzio, le memorie di una presenza sofferta e gloriosa: è questo il luogo in cui Francesco subì la dolorosa cauterizzazione del nervo ottico che non valse a restituirgli la vista, è il luogo in cui fu ispirato dall’Angelo di Dio per la stesura definitiva della Regola, e l’atmosfera che vi si respira è ancora intrisa di questa memoria. Ma, dopo aver sostato in questo piccolo ritaglio di paradiso, riprendiamo il cammino in salita lungo le pendici di Monte Izzo. Presto arriveremo in vista della rocca di Sant’Elia che domina la valle reatina dolcemente distesa ai suoi piedi, solcata dal corso limpido del Velino. Le memorie francescane si confondono con le storie più antiche, dalla pieve di San Savino a Monte Izzo via via, risalendo di secolo di secolo in secolo, fino alla presenza numinosa di Sanco, il Dio dei Sabini che sigillava i giuramenti in un patto indissolubiledi fedeltà. Quando la pieve si spopolò, il maestoso portale in pietra fu rimontato, un pezzo dopo l’altro, sulla facciata della chiesa arcipretale affacciata sulla piazzetta di Sant’Elia. Incuriositi dall’insolito campaniletto asimmetrico, non trascuriamo di varcarne la soglia: ci accoglierà un’aula ampia e armoniosa, dalle pareti decorate a fresco, ricca di tele secentesche di qualche pregio tra cui spicca il Sant’Elia sul carro di fuoco realizzato dal pittore reatino Gioacchino Colantoni per l’altare maggiore. Mentre il profeta vola alto nel cielo dove lo attende il premio eterno, il suo discepolo Eliseo assiste alla scena e raccomanda la protezione divina sul paese, raffigurato in un dolce, realistico paesaggio brumoso. Ci colpirà, prossima alla porta della sagrestia, l’immagine di San Francesco che detta la Regola, dipinta da un anonimo frescante di gusto popolaresco che ha il merito di documentare alla fine del XVI secolo un fatto miracoloso tramandato oralmente, una generazione dopo l’altra, nel luogo stesso in cui accadde. Un intento che si rinnova, in questa nostra pigra primavera, con il murale ispirato all’intervento salvifico di Francesco d’Assisi, che con la sua preghiera scampò gli abitanti di Sant’Elia dalle drammatiche conseguenze di un’epidemia bovina.

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