a cura di Ileana TOZZI

Aprile 2019

STRADA FACENDO

VILLA PONAM

città

Sulle pendici di un colle dalla folta vegetazione, a poca distanza della città, sorge in posizione dominante la settecentesca Villa Ponam, caratterizzata dalla fastosa facciata concava al centro, armoniosamente incorniciata dai corpi rettangolari aggettanti ai fianchi.

Un edificio imponente, costruito nel primo quarto del Settecento nelle forme armoniose del tardobarocco, che si affaccia su un panorama arioso, circoscritto dal profilo netto delle montagne distanti, delle colline più vicine che fanno da quinta alla pianura coltivata, attraversata dal nastro argentato del Velino che si distende negli specchi lacustri di Ventina, Ripasottile, Lagolungo.

Era questa, per molti reatini, la meta prescelta per la scampagnata del martedì di Pasqua, che sigillava la festa della Resurrezione dopo il Lunedì dell’Angelo dedicato alla solenne processione della Madonna del Popolo.

Il grande portale dagli stipiti bugnati, sormontato da un balconcino balaustrato, affiancato da colonne binate di gusto classicheggiante, sembra ancora pronto a spalancarsi per accogliere il visitatore.

Le finestre, intercalate da lesene in mattoncini, sono decorate da eleganti cornici in stucco. Una teoria di oculi, che si richiamano agli ovali affiancati al portale, scorre lungo il sottotetto. Il corpo laterale di sinistra è sovrastato da un raffinato comignolo in laterizio. Sono elementi, questi, che denotano il gusto raffinato di un’epoca lontana, a malapena scampati al colpevole abbandono a cui nel corso del Novecento Villa Ponam è stata abbandonata.

Dopo l’estinzione della famiglia, infatti, la prestigiosa villa è passata di mano in mano fino ad entrare per alterne vicende tra le proprietà della Regione Lazio che nel 2016 ha provveduto all’inserimento nel progetto Art Bonus del bene architettonico fortemente degradato.

L’ampio salone di forma ovale sembra quasi conservare la nostalgia e l’eco sonora delle feste che allietarono un tempo gli ospiti di una cospicua famiglia di mercanti venuti di lontano, proprietari di un palazzo in via di Ponte su cui si affacciavano le loro botteghe, qui imparentatisi con i rampolli dell’aristocrazia locale, in uno scambio reciproco di benefici: nuova linfa rinvigoriva la stirpe - e le finanze - delle antiche famiglie nobiliari, mentre i Ponam potevano fregiarsi a loro volta di un’arme gentilizia utile a far dimenticare come fossero una colpa le loro schiette origini borghesi.

E proprio lo stemma di cui i ricchi mercanti intendevano fregiarsi fu elaborato dall’anonimo esperto di blasonatura come uno stigma della vile appartenenza al ceto mercantile: un servo, ritratto di profilo, porta sul capo una cesta di frutti, tratteggiato con icastica efficacia sullo scudo sannita.

Nella sala, le colonne in mattoni sostengono la trabeazione da cui si affacciano putti musicanti che sostengono ghirlande di fiori. Il tono vivace degli intonaci, che fosse imita il rosso pompeiano appena riemerso dalla lava del Vesuvio proprio al tempo della costruzione della villa, il colore caldo della pavimentazione in mattoni contrasta ancora felicemente con la decorazione a stucchi appena ingiallita.

Anche per questa nostra Pasqua, che si annuncia in piena primavera, potrebbe essere Villa Ponam la meta di una passeggiata alla ricerca del tempo perduto.

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