a cura di Massimo Palozzi

Maggio 2023

IL DOMENICALE

ANTICA PASTA E CENTRALE DEL LATTE, DUE STORIE UN DESTINO

commercio, impresa, politica

di Massimo Palozzi - Ripresa delle attività a breve con l’impegno a pagare il saldo delle spettanze di marzo e l’avvio della cassa integrazione a partire da domani nell’ambito del fondo di solidarietà per l’artigianato. È la soluzione-tampone individuata venerdì nel corso di una riunione tra rappresentanti aziendali, sindacati e Cna per continuare ad assicurare un reddito ai circa 40 dipendenti del pastificio Antica Pasta di Spinacceto di Greccio, rimasti senza stipendio ormai da due mesi. La vertenza resta ovviamente aperta. L’intesa costituisce infatti solo uno strumento di emergenza e l’accesso all’ammortizzatore sociale non basta a traghettare la crisi aziendale verso l’auspicato lieto fine.

I problemi dell’opificio grecciano sono esplosi all’improvviso dopo Pasqua, quando la proprietà ha annunciato il blocco della produzione. Una decisione che ha colto tutti di sorpresa perché l’azienda non soffre la mancanza di clienti e anzi ha saputo conquistare stabili fette di mercato in provincia e fuori. Dunque non una difficoltà a reggere il passo in un settore dove peraltro la concorrenza è molto agguerrita, quanto piuttosto complicate questioni finanziarie che hanno portato al blocco dei conti e di conseguenza alla fine della liquidità.

Antica Pasta è una realtà consolidata che in oltre trent’anni è riuscita a conquistarsi la fiducia dei consumatori grazie a un’offerta di prodotti di alta qualità. Ma non solo. In un mondo imprenditoriale spesso descritto come alienante e spersonalizzato, l’ottimo clima che i proprietari hanno saputo costruire con i loro collaboratori è certificato dalle genuine testimonianze di affetto e stima rese dalle maestranze in queste settimane difficili.

Inevitabilmente, però, domina una grande incertezza. Lo stato d’animo del personale e delle loro famiglie è comprensibile. L’angoscia per il lavoro a rischio e l’ansia per il futuro (anche considerando l’indotto) non devono tuttavia restare circoscritti alla dimensione individuale di chi è direttamente interessato da una delle tante crisi aziendali del territorio. Perché in questa vicenda c’è qualcosa di più, che va oltre i classici fattori negativi: la recessione, il terremoto, il Covid, la guerra, l’inflazione, l’aumento del costo delle materie prime. In questo caso c’è la consapevolezza di un inciampo che rischia di rompere un bel giocattolo, mandando all’aria i piani di vita di decine di persone.

Il Reatino, inutile dirlo, è penalizzato da una situazione economica tutt’altro che florida e da ultimo si trova a fronteggiare un’esplosione di criminalità mai registrata in passato. Sembra la tempesta perfetta: l’economia arranca, l’insicurezza monta in maniera preoccupante e all’apparenza inarrestabile, malgrado le ripetute operazioni di polizia, e le istituzioni locali rincorrono obiettivi di corto respiro buoni per spedire alle redazioni comunicati stampa autocelebrativi, lasciando irrisolte le questioni di base (sviluppo del Terminillo, piano urbano del traffico, rilancio del centro storico, recupero delle aree industriali dismesse, progettualità per il polo universitario, attrattività per gli investimenti).

Capita così che nel pieno della crisi di Antica Pasta, un’altra storica azienda locale debba annunciare conti shock. Mercoledì il presidente della Centrale del Latte di Rieti Marco Lorenzoni (in foto) ha presentato alla stampa il bilancio 2022, chiuso con una perdita di 350.000 euro che lo stesso Lorenzoni ha definito senza nascondersi “una voragine, comparandola con le nostre dimensioni aziendali”.

Agli inizi degli anni Novanta la Clar era sull’orlo della chiusura, ma grazie alla determinazione di soci e amministratori si è salvata inanellando una serie di ragguardevoli performance commerciali. Fondata nel 1955, chi l’ha gestita è riuscito nel tempo ad ottenere risultati confortanti sia sul piano strettamente lucrativo sia nei confronti di fornitori e consumatori. “In questi sessanta e passa anni c’è stata una continua e costante crescita della Centrale del Latte”, ha ricordato Lorenzoni con l’orgoglio di riassumere in poche parole il segreto del successo dell’azienda di lungovelino Don Giovanni Olivieri: “dare ai clienti una sicurezza, una certezza, dalla piccola alla grande distribuzione che si serve del logo Clar, trovando la qualità”.

Eppure tutto questo non è bastato ad evitare il primo buco dopo tanti guadagni. A differenza del pastificio grecciano, qui hanno giocato un ruolo determinate i classici fattori di rischio come i costi dell’energia schizzati alle stelle in un sistema già fortemente sotto stress. Altri se ne sono poi aggiunti, legati all’alea che accompagna le produzioni agricole. Nel 2022, ad esempio, la peggiore siccità registrata in Italia negli ultimi 70 anni ha causato la diminuzione di granaglie, sementi e fieno per le vacche. Ciononostante, l’anno scorso c’è stata un’impennata di oltre il 20% dei litri di latte lavorati (quasi 11 milioni e 800mila, contro i 9 milioni e 200mila del 2021) e il corrispettivo aumento di fatturato, passato da 10 milioni e mezzo a 12 milioni e 600 mila euro (+20,72%).

Come si spiegano allora i conti in rosso? In buona sostanza come la conseguenza di una scelta da impresa etica, che il presidente Lorenzoni ha sintetizzato così: “quando tutti i costi di produzione primaria del latte di stalla sono esplosi in maniera esponenziale, bisognava dare appoggio economico agli allevatori e la Clar ha fatto aumenti del prezzo del latte da un costo al litro di 0,13 euro a ben 0,60 euro. Un incremento pari al 54%”. In parallelo, ci si è posti il problema dei riflessi sui consumatori finali della eventuale decisione di far pesare l’aumento dei costi sul prezzo dei prodotti. “Non l’abbiamo nemmeno presa in considerazione”, ha chiarito Lorenzoni, “perché il latte fresco sarebbe schizzato a 2,5 euro al litro”. Una scelta rivelatasi peraltro azzeccata sotto il profillo economico, oltre che sociale, visto il crollo di vendite registrato dalle società che hanno invece optato per la soluzione all’apparenza più facile.

Secondo il presidente Clar, che ha definito un “incidente di percorso” l’ultimo bilancio chiuso in negativo, “quando tutti gli input di costo si riabbasseranno, chi avrà tutelato il consumatore finale, senza diminuire la qualità, riuscirà a colmare tutte le perdite che si sono accumulate nell’anno precedente”. C’è da sperarlo. Non in nome di un malinteso protezionismo campanilistico né per un distaccato calcolo ragionieristico sulla salute delle imprese reatine, quanto invece per promuovere in concreto quei valori tanto proclamati che però faticano ad affermarsi sebbene siano la chiave di ogni strategia di successo: filiera corta, qualità, economia circolare, equa remunerazione del lavoro.

 

07–05-2023

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